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Sotto la guida di Mario Draghi, la Bce ha sempre giocato di anticipo e anche questa volta ha dimostrato di non voler prendere sottogamba un chiaro e profondo rallentamento dell’economia dell’area euro.
Nel corso della riunione del 7 marzo a Francoforte, infatti, la banca centrale europea ha messo in campo un poker di misure per contrastare quello che Draghi in conferenza stampa ha definito un “considerevole rallentamento dell’espansione economica” che si prevede durerà tutto l’anno in una fase di “continua debolezza e pervasiva incertezza”.
A fronte di un taglio delle stime di crescita del pil europeo nel 2019 all’1,1%, ben sei decimi in meno delle proiezioni di soli tre mesi fa, la banca centrale ha messo in campo ben quattro misure. La forward guidance sul possibile primo rialzo dei tassi è stata spostata dall’estate alla fine dell’anno e di conseguenza – misura numero 2 – slitta nel tempo anche la fine del programma di reinvestimenti dei capitali rimborsati sui titoli in scadenza. La formula recita infatti che i reinvestimenti dureranno a lungo dopo il primo rialzo dei tassi e se questo slitta al 2020, di conseguenza si allunga l’orizzonte temporale del programma.
La parte del leone l’ha fatta ovviamente la reintroduzione delle aste Tltro che inizieranno a settembre e termineranno a marzo 2021 e avranno tutte durata di 2 anni. Draghi ha sottolineato come si sia deciso di far ricordo alle aste Tltro perché sono mirate a far affluire il credito a imprese e famiglie e si vuole “minimizzare il rischio” che i fondi Bce vengano usati per comprare titoli sovrani come avvenuto in passato. La quarta misura riguarda la decisione di continuare a condurre le aste ordinarie a tasso fisso e con piena assegnazione dei fondi, ovvero verranno onorate tutte le richieste ricevute dal sistema finanziario, e questo avverrà quantomeno fino al marzo 2021.
Tutte le decisioni, ha detto Draghi, sono state prese all’unanimità, un fatto positivo – ha sottolineato – che segnala un consiglio “coeso” anche se nelle discussioni del consiglio qualche governatore ha suggerito di allungare la forward guidance fino al marzo del 2020. In risposta a una domanda, Draghi ha spiegato che in consiglio non si è parlato di una riattivazione del quantititive easing e ha scartato l’ipotesi che l’economia europea stia diventando troppo dipendente dallo stimolo economico della banca centrale europea. Le cose vanno messe in prospettiva, ha spiegato, perché l’economia è si alle prese con un chiaro rallentamento ma è comunque in crescita e può contare su un buon aumento dei salari anche se il meccanismo di trasmissione di questi rialzi all’inflazione complessiva impiegherà più tempo del previsto. Fra i fattori che pesano sull’economia dell’area euro, Draghi ha enumerato vari fattori esterni come il rallentamento del commercio mondiale, il rallentamento in Cina e una minore fiducia causata anche dalle tensioni commerciali” ma anche fattori interni come la crisi del comparto auto in Germania e l’Italia.