Approfondimenti e spunti per far crescere il tuo business.
L’accordo di libero scambio fra Europa e Giappone sta portando grande beneficio alle aziende europee e in particolare a quelle italiane. Lo ha detto la commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmstrom intervenendo al secondo Forum Europa-Giappone a Milano.
Secondo i primi dati, le esportazioni italiane verso il paese del Sol Levante sono in crescita del 20% su base annua grazie ai maggiori acquisti di prodotti come carne, vino, formaggi, cioccolata, vestiti e in generale di tutto quanto viene associato nel Paese al meglio del Made in Italy. “Le aziende italiane che esportano verso il Giappone sono circa 15.000 – ha detto la Malmstrom – e l’85% di queste sono piccole e medie aziende mentre i dipendenti che producono merci destinate verso il mercato nipponico sono ben 89.000”. In un momento di grande incertezza a livello internazionale per le minacce di sanzioni punitive minacciate dagli Stati Uniti nei confronti della Cina in primis ma anche dell’Unione Europea.
Dopo che lo scorso anno sono stati aumentati i dazi sulle importazioni europee di acciaio negli Stati Uniti – misura a cui la Ue ha reagito con un pacchetto di misure analoghe – ora il terreno dello scontro si è spostato sulle auto sebbene all’ultimo momento la Casa Bianca ha deciso di rinviare almeno di 6 mesi ogni decisione finale sull’aumento delle tariffe. In questo scenario, la Ue sta seguendo una strada diametralmente opposta a quella degli Stati Uniti e rientra in questo contesto anche l’accordo commerciale raggiunto con il Canada (il Ceta) nel settembre del 2017, accordo che per le aziende italiane si è tradotto in un aumento del 9% delle esportazioni. La Ue sta ora negoziando altri accordi: quello con il Vietnam dovrebbe essere siglato prima dell’estate mentre per quanto riguarda il Messico si sta lavorando a finalizzare gli aspetti tecnici. Con Singapore invece l’accordo dovrebbe entrare in vigore in autunno. La Ue infine sta negoziando accordi anche con Cile, Australia e Nuova Zelanda.
“Noi crediamo fortemente che il quadro dell’organizzazione mondiale per il commercio, il Wto, debba essere sì riformato – ha detto la commissaria – ma che rappresenti comunque ancora la cornice migliore per regolare il commercio internazionale e affrontare i problemi che necessitano di una soluzione, come gli aiuti di stato alle imprese cinese e l’eccesso di capacità produttiva. I nostri recenti incontri con delegazioni cinesi sono stati positivi e abbiamo rilevato la loro disponibilità a porre rimedio a questi problemi, anche sul tema della proprietà intellettuale”. Per il momento l’approccio di scontro scelto dagli Stati Uniti sta avendo come effetto collaterale quello di facilitare i negoziati fra le varie aree economiche e l’Unione Europea che invece ha scelto un atteggiamento di maggiore collaborazione. E questo anche nei confronti degli stessi Stati Uniti: dopo il fallimento per la sigla del trattato transatlantico (Ttip), ora Bruxelles sta cercando di negoziare un’intesa più piccola limitata ai beni industriali lasciando fuori i prodotti agricoli su cui non vi sono al momento margini di intesa. Non sono comunque da attendersi sviluppi a breve, a meno di clamorose accelerazioni che al momento non appaiono probabili.